I due autori propongono una tesi di fondo: che ci siano autori e romanzi capaci per la loro natura, il loro linguaggio, lo stile, di “dire l’indicibile”, cioè di esprimere quel contenuto generalmente umano che non è possibile segmentare in concetti. Tali romanzi sono in grado davvero di agire sul nostro modo di pensare, di fare vacillare alcune percezioni delle cose che riteniamo altrimenti scontate, e dunque di scatenare la propria forza, diciamo così anarchica o inaugurale, di mondo e di verità. L’obiettivo è, dalla provincia dell’impero, dire qualcosa sulla letteratura che oggi più che mai è di vitale importanza. Gli autori si pongono soprattutto come lettori che hanno sete di nuovi sguardi e nuove logiche. Il primo saggio indaga le forme del romanzo, mostrando come le diverse forme narrative oggi rischino di sclerotizzarsi in forme standardizzate e sempre uguali, perdendo un grado significativo di libertà e mettendo in discussione proprio la capacità di generare epifanie. Il saggio individua poi nell’esplodere della forma romanzo una reazione evidente a tali rigidità imposte. Il secondo saggio cerca gli stilemi di quei romanzi che escono dai paradigmi cercati, consigliati o imposti dall’industria culturale, per riconnettersi ad una tradizione della letteratura che non dimentica il valore di conoscenza e verità del romanzo, la sua capacità di “generare consapevolezza”. Del “romanzo generativo”, in questo particolarissimo significato, individua delle regolarità, che devono essere colte nel loro valore di esempio e di rilievo fenomenologico, e non in un senso normativo o rigido. Il saggio cerca di capire in definitiva come fanno i romanzi a dire l’indicibile e a inaugurare forme di verità. Della letteratura “epifanica” o “generativa”, nella seconda parte del saggio si provano a indagare i modi, gli stilemi, gli autori e i maestri. Propone inoltre un modo di leggere le opere che metta in luce la capacità di generare esperienze nuove.
QUEL CHE SCRIVO DIPENDE DAL MIO PUNTO DI VISTA. DELLA MIA FAMIGLIA, DELLA MIA TERRA, DELLA MIA GENTE.