Andreina delle Frottole

Simone Cerlini

C’è una bambina. Si chiama Andreina, di quando in quando racconta una frottola (“un canto che poteva essere accompagnato da strumenti rinascimentali, il flautone, o il liuto, una melodia e una voce di una bambina di tre anni e io ricordo che l’ascoltai come si ascolta un canto d’amore”). Andreina ha un problema fisico, una cardiopatia che la fa apparire strana, addirittura “handicappata” agli occhi dei coetanei. A difenderla, ad accompagnarla, ad amarla e a raccontarla è suo fratello, appassionato cultore di polli e in generale di etologia domestica nell’Emilia degli anni ’70. Anni che poi passano. In fretta. Andreina cresce, la sua salute non migliora, una caduta da una torretta non fa che peggiorare le cose. Il fratello intanto si laurea, se ne va per il mondo a girare documentari a basso costo pur di non tornare a casa. Quando accadrà qualcosa di terribile lui sarà lontano, e sarà dura riuscire a perdonarselo.
C’è una ragazza, una giovane donna tra i venticinque e i trent’anni. Si chiama Annalisa e approda a Bruxelles, reduce da varie missioni nel Terzo Mondo, “per un lavoro decente… che minacciava di rivelarsi duraturo”. Lì conosce un vecchio amico di suo padre Giacomo, il professor Bernhard Cohen, intellettuale prestato alla politica, spregiudicato adepto del principio del piacere. Ma soprattutto lì, a Bruxelles, riceve da un mittente misterioso, con una serie di e-mail, la storia di Andreina. La storia che noi abbiamo letto nella prima parte di questo complesso, labirintico eppure leggibilissimo romanzo. Chi, e perché, invia ad Annalisa la storia di Andreina? Per quale motivo Annalisa finge con Cohen di esserne l’autrice? Che rapporti ci sono – ci sono stati – tra Cohen e Giacomo? Sono domande che si affacciano piano piano nella testa del lettore, via via che ci si addentra in un mondo di specchi che rimandano una realtà sempre un po’ diversa da quella attesa, un mondo in cui l’ambiguità, il non-detto, la fanno da padroni.
Romanzo costruito a scatole cinesi, dove ogni scatola sembra non combaciare però perfettamente con il perimetro di quelle ad essa adiacenti, Andreina delle frottole (Guaraldi Editore, 110 pp, 10 Euro) descrive in modo nitido un mondo sfuggente, una costellazione di sradicati alla disperata ricerca delle proprie e altrui radici. La scrittura di cui è fatto ha qualcosa di perfettamente definito e insieme di astratto, come certi quadri di Magritte; nelle pagine più riuscite richiama la profonda, inspiegabile malinconia intrisa di energia vitale della prosa di Milan Kundera. Il trentaduenne Simone Cerlini, qui al suo esordio, va elogiato per il coraggio di aver scelto una storia antiprovinciale, e per la capacità di offrirci almeno due personaggi che ci resteranno dentro a lungo: la sfuggente Annalisa e il cinico Bernhard Cohen. Il fatto che non tutte le domande che il libro suscita trovino alla fine una loro risposta rende questo romanzo forse imperfetto, ma certo tanto più vitale e profondo di uno di quei marchingegni narrativi privi di spessore che vanno per la maggiore. Il primo romanzo, insomma, di quello che possiamo salutare come un vero e proprio nuovo scrittore.

Genere
Pubblicazione
QUEL CHE SCRIVO DIPENDE DAL MIO PUNTO DI VISTA. DELLA MIA FAMIGLIA, DELLA MIA TERRA, DELLA MIA GENTE.

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